Arte e vita
impegni nel campo
dell'arte.


Dal figurativo
all'astratto.
Al momento del mio diploma di perito meccanico, in concomitanza con l’inizio dell’azienda della mia famiglia, ho cambiato obiettivo e mi sono concentrato sugli oggetti di uso industriale, nostri e della concorrenza per cercare di migliorarli. Costretto prima e affascinato poi dal rigore delle forme e dalla complessità degli elementi componenti, sono stato in contatto con la “frigidità’” del metallo adoperato, l’ottone il quale si riscalda solo dopo molto tempo che lo si gira e rigira tra le mani. Mi sono esercitato a descrivere tutti questi prodotti graficamente ed ho scoperto che anche gli oggetti paiono avere anima, cuore, mente: interagiscono con i pensieri miei quasi come se venissero a far parte del mio vivere quotidiano. Ho così creato le mie prime “nature morte”: “aggeggi” di metallo. Ero comunque meravigliato dalla perfezione dei dispositivi da studiare: volevo saperne di più, conoscerli meglio per poterli apprezzare e amare per le forme estetiche e le per funzioni esplicate e, spinto dalla necessità, mi ero attrezzato per smontare, ispezionare e sezionare i vari oggetti, per scoprirne l’essenza e per penetrarne con arguzia e curiosità i suoi materiali meandri interni. La mia curiosità era stimolata: nasceva così la mia passione per il disegno di tipo tecnico. Era così forte il desiderio di rappresentare graficamente “una cosa”, che io non ponevo limiti di tempo a ciò: eseguivo rilevazioni grafiche dei vari prodotti con un rispettoso approccio come se essi fossero “ritratti”, “panorami” o “nature morte”; mi sembrava così di impadronirmi degli oggetti osservati, di possederne la forma, il gusto, il profumo, oppure la rigidità e la freddezza. Anche il colore aveva i suoi spazi: inizialmente era applicato a campiture piatte, senza riferimenti alla presenza della luce; in seguito applicavo il sistema delle variazioni di tono inseguendo la luce nelle sue scansioni cromatiche. Nell’applicare le tinte cercavo effetti tridimensionali e prospettici ricorrendo a fasce graduate per rispecchiare la presenza della luce. Ogni volta che eseguivo un’opera, mi soffermavo a osservare forme e colori: essendo collegati principalmente al materiale di cui erano costituiti, li vedevo sempre più distaccati dalla realtà; li volevo più semplificati e sintetici, meno banali e più costruiti secondo uno schema logico mio, incentrato sulla volontà di dare spazio alla fantasia, cercando di trasformarla con creatività e con concretezza.

